Rime amorose

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Rime amorose2022-07-06T17:22:42+00:00

cantata profana per soprano, tenore, coro misto a 5 voci, flauto, sax contralto, viola, violoncello, contrabbasso e pianoforte elettronico (2015)

su testi di Chiaro Davanzati e Giovanni Boccaccio

Il brano è diviso in tre episodi che pur autosufficienti trovano la loro piena giustificazione nell’esecuzione completa e senza soluzione di continuità dell’intero brano che prevede, inoltre, dei minimi movimenti scenografici.
La scelta di un organico strumentale particolare favorisce singolari combinazioni timbriche che vanno dal classico trio per archi gravi al gruppo di ispirazione jazzistica ….. ora di supporto, ora di contrapposizione alle voci.
Il titolo prende ispirazione da una raccolta di poesie di Vittoria Colonna grande poetessa e “amica di penna” (diremmo ora) di Michelangelo Buonarroti.
Il testo vede l’accostamento di due poesie di autori tra loro quasi contemporanei (almeno visti da questa distanza) ma che presentano un modo di descrivere la donna amata totalmente opposto. Donna angelicata e irraggiungile quella di Chiaro Davanzati, più vicina e carnale quella di Giovanni Boccaccio.

Nel primo dei tre episodi (“La splendiente luce”) l’autore ha voluto creare inizialmente un’atmosfera sognante e indistinta sulla quale prende vita pian piano un madrigale di ispirazione classica affidato al coro a 5 voci nella migliore tradizione polifonica sul quale prende poco a poco risalto la parte affidata alla viola che si rivela come la vera protagonista strumentale della sezione.

Nel secondo episodio il coro tace e il soprano solista (su un tappeto dal sapore ritmico gestito quasi integralmente dal pianoforte elettronico) esprime una serie di frammenti (le briciole di poesia, appunto) tratte liberamente dalla prima parte dialogando prima con la viola e in seguito anche con il sax che fino a quel momento era “rimasto in disparte” ma che subito impone la sua presenza rivaleggiando con Soprano e Viola. La partecipazione del Cbasso con un insistente pizzicato rinforza l’idea di stampo jazzistico.

Nell’episodio conclusivo si assiste ad una parziale ripresa del madrigale già sentito ma con un intervento inaspettato del tenore solista che vi sovrappone i versi di Boccaccio. Questi già solo dalla prima frase lasciano intendere un diverso modo di vedere la figura femminile (“Iscinta e scalza”).

Si aggiunge poi il soprano che dialoga, ora con il tenore, ora con il coro, sino ad un finale pieno e coinvolgente che vede tutti, (voci e strumenti) annullare la propria individualità per contribuire allo stesso scopo musicale superiore.